Venerdì 15 novembre 2019, ore 21.15
Teatro della Regina
PENSACI, GIACOMINO
Leo Gullotta
di Luigi Pirandello
lettura drammaturgica e regia Fabio Grossi
con Leo Gullotta
e con Liborio Natali, Rita Abela, Federica Bern, Valentina Gristina, Gaia Lo Vecchio, Marco Guglielmi, Valerio Santi e Sergio Mascherpa
scene e Costumi
Angela Gallaro Goracci
musiche
Germano Mazzocchetti
luci
Umile Vainieri
regista assistente Mimmo Verdesca
Compagnia EnfiTeatro, produzione Michele Gentile, Tetro Stabile di Catania
Pensaci Giacomino nasce in veste di novella del 1915 per poi avere la sua prima edizione teatrale, in lingua, nel 1917. Tutti i ragionamenti, i luoghi comuni, gli assiomi pirandelliani sono presenti in questa opera. Un testo di condanna, condanna di una società becera e ciarliera, dove il gioco della calunnia, del dissacro e del bigottismo e sempre pronto ad esibirsi. La storia racconta di una fanciulla che rimasta incinta del suo giovane fidanzato non sa come poter portare avanti questa gravidanza, il professore Toti pensa di poterla aiutare chiedendola in moglie e potendola poi così autorizzare a vivere della sua pensione il giorno che lui non ci sarà più. Naturalmente la società civile si rivolterà contro questa decisione anche a discapito della piccola creatura che nel frattempo è venuta al mondo. Finale pirandelliano pieno Di amara speranza, dove il giovane Giacomino prenderà coscienza del suo essere, del suo essere uomo, del suo essere padre e andrà via da quella casa che lo tiene prigioniero, per vivere la sua vita con il figlio e con la giovane madre. Da qui si desume quanto tutto questo possa svolgere il pensiero pirandelliano nei confronti di una società che allora era misogina opportunista e becera. Racconta di uno Stato patrigno nei confronti dei propri cittadini soprattutto nei confronti della casta degli insegnanti, sottopagati e bistrattati. Grande bella qualità del premio Nobel di Agrigento nel prevedere il futuro e come raccontava Giovan Battista Vico corsi e ricorsi storici, cioè nulla cambia nulla si trasforma: ancora oggi si veste dei soliti cenci, unti e bisunti. Una società quindi letta con la mostruosità di giganti opprimenti presenti determinanti dequalificanti.