martedì 16 gennaio, ore 21.15
Salone Snaporaz – PROSA
L’ARTE DEL TEATRO
Paolo Musio
di Pascal Rambert
con Paolo Musio
produzione EMILIA ROMAGNA TEATRO FONDAZIONE, TRIENNALE TEATRO DELL’ARTE, FONDAZIONE TEATRO METASTASIO
Sono trascorsi esattamente dieci anni da quando Pascal Rambert scrisse e diresse per la prima volta L’art du theatre, affidandone l’interpretazione a Lou Castel (Parigi, 21 novembre 2007). Drammaturgo, regista e coreografo, artista associato presso il Théâtre des Bouffes du Nord di Parigi, Pascal Rambert è uno degli artisti teatrali più talentuosi e apprezzati della scena contemporanea europea, conosciuto in Italia soprattutto grazie a Emilia Romagna Teatro, che ne ha proposto due lavori, Clôture de l’amour (2012) e Prova (2016).
In L’arte del teatro, accanto a Paolo Musio, traduttore e interprete del testo di Rambert, una presenza in ascolto, due occhi che osservano: un cane, il migliore amico dell’uomo, quasi un superstite che in silenzio accompagna con il suo esserci quel bisogno di comunicare, il “bisogno” d’essere attori. L’interprete cerca con esso una scintilla creativa che lo aiuti a spiegare al pubblico che cosa significhi essere un attore, come si costruisce la relazione con uno spettatore. «L’arte del teatro – ha dichiarato Pascal Rambert – è un manifesto breve su quella che io considero essere l’arte di essere attori. Un lavoro breve, che ho pensato e creato per essere proposto in un luogo raccolto, che ospita un numero limitato di spettatori». Un fiume di parole trascina la riflessione sull’arte dell’essere attore trasformandosi in una vera e propria dichiarazione d’amore per l’arte teatrale. L’arte del teatro è un viaggio interiore che attraversa la pratica attoriale e l’esperienza del teatro per sconfinare in una riflessione sulla vita vissuta. Un monologo recitato da un solo attore in una scena vuota e rivolto a un unico ideale interlocutore. Il cane ascolta, con incondizionata adesione all’affezione e con assenza di giudizio, accompagnando l’attore nel bilancio di una vita passata a recitare. «Questo testo è un dono – racconta Paolo Musio, alle prese con la traduzione e l’interpretazione del testo – di irriducibile umanità, leggerezza e ironia che l’autore fa a chi lo incontra sul terreno accidentato della propria esistenza, in cerca di un senso. […] È un testo scritto con vastità di orizzonte da chi conosce profondamente e direttamente l’arte del teatro. […] Il testo contiene in sé la possibilità di essere trasceso, di aprirsi e fornire a tutti, anche a chi del teatro non sa assolutamente niente, l’esperienza diretta e concreta di un modo di stare al mondo, alle prese con l’azione, con il vuoto, la solitudine, con l’altro da sé, ma soprattutto con l’amore e lo stupore per la vita, il tempo in corsa e le sue infinite variazioni di ritmo e di intensità». E forse l’arte del teatro risiede proprio nella possibilità di costruire un’opera capace di lasciare spazio a chi guarda.